I Kamikaze: la storia dei soldati votati al sacrificio estremo nella difesa del Giappone durante la Seconda Guerra Mondiale

L’origine del termine “Kamikaze,” che in giapponese significa “vento divino,” risale a un evento storico del XIII secolo, quando un tifone devastò una flotta mongola, salvando il Giappone da un’invasione. Questo termine venne poi ripreso nel 1944 dall’Occidente per descrivere la forza d’attacco speciale, di soldati suicidi, dell’esercito giapponese durante la Seconda Guerra Mondiale. Questa è in breve la storia dei Kamikaze giapponesi.
Approfondendo la storia, il Giappone si trovava a combattere una guerra disperata contro gli Stati Uniti, una potenza militare superiore che si avvicinava sempre più ai confini giapponesi. Privo delle risorse necessarie per contrastare efficacemente il nemico, il comandante Asaiki Tamai fece un appello ai suoi giovani soldati affinché si sacrificassero per la patria.
Senza esitazione, nel 1944 nacque il primo reparto di attacco speciale, conosciuto in Occidente come reparto Kamikaze. Quell’anno, i soldati giapponesi misero in atto l’estrema tattica di caricare i propri aerei con centinaia di chili di esplosivo per schiantarsi deliberatamente contro le navi e gli aerei nemici.
La storia dei Kamikaze: tattica e addestramento
I piloti Kamikaze erano solitamente giovani uomini, l’età media era di 19 anni, spesso con poca esperienza di volo. Ricevevano un addestramento di base e venivano indottrinati con l’idea che il loro sacrificio sarebbe stato onorevole e necessario per la difesa del Giappone. Volavano su aerei carichi di esplosivi e, una volta lanciati, il loro obiettivo era schiantarsi contro navi nemiche, soprattutto portaerei, per causare il massimo danno. Oltre agli aerei, la marina del Giappone schierò piccole imbarcazioni, come i motoscafi shynio e i siluri guidati kaiten, che un pilota suicida dirigeva verso le navi nemiche.
Efficacia dei Kamikaze
Sebbene i Kamikaze riuscirono a danneggiare o affondare alcune navi alleate, la loro efficacia globale fu limitata. Gli alleati svilupparono tattiche difensive più sofisticate, come l’aumento della pattuglia di caccia e il miglioramento delle difese antiaeree. Tuttavia, gli attacchi Kamikaze avevano un effetto psicologico devastante sia sulle truppe alleate che sulla popolazione giapponese. Fu così che oltre 3.800 soldati giapponesi persero volontariamente la vita per difendere la patria.
Eredità dei Kamikaze
Il ricordo dei Kamikaze è complesso e controverso e per il loro modo di pensare, ispirato al Bushido, e agire vennero associati ai Samurai. In Giappone, alcuni li vedono come eroi che hanno sacrificato la loro vita per la patria, mentre altri li considerano vittime di una propaganda militare che li spinse a una morte inutile. Nel mondo, il termine “Kamikaze” è diventato sinonimo di azioni suicide disperate.
In sintesi, i Kamikaze giapponesi rappresentano uno degli aspetti più estremi e tragici della Seconda Guerra Mondiale, evidenziando la disperazione del Giappone verso la fine del conflitto e l’impatto devastante che le ideologie militariste possono avere sui singoli individui e sulla società.