Eutanasia attiva e passiva: la differenza tra queste due forme di condurre a “fine vita” un malato le cui condizioni sono divenute insostenibili.

L’eutanasia è un argomento complesso e delicato che solleva questioni etiche, morali, legali e mediche. Si tratta, infatti, di porre fine intenzionalmente alla vita di una persona per alleviarne la sofferenza causata da una malattia incurabile o da una condizione insopportabile. Sta nel modo di arrivare al risultato finale, ovvero al decesso del paziente, a determinare la differenza tra eutanasia attiva e eutanasia passiva.
Derivato dal greco, il termine “eutanasia” significa “buona morte” (eu = buona, thanatos = morte). Gli aspetti etici, morale e legali, sia nell’eutanasia attiva che in quella passiva, sono trattati diversamente nel mondo. In Italia, ad esempio, l’influenza politica esercitata dalla Chiesa cattolica è preminente nel andare contro la pratica della “dolce morte”. Tuttavia, in questo contesto, è importante riconoscere la diversità tra eutanasia attiva e passiva; termini che descrivono modalità diverse di assistere una persona a porre fine alla propria vita.
Risiede proprio nella tecnica di accompagnamento alla morte, tra eutanasia attiva e eutanasia passiva, la differenza. In entrambi i casi il risultato è lo stesso; il malato muore. Il modo in cui ciò avviene è dissimile. Come quindi è diversa la definizione generale di eutanasia.
Cos’è l’eutanasia attiva
Definendo cos’è l’eutanasia attiva si inizia a capire qual è la differenza con quella passiva. In pratica, con il termine “attiva” ci si riferisca a un intervento diretto atto a causare la morte di una persona. Questo può includere la somministrazione di farmaci letali o altre sostanze da parte di un medico o di un’altra persona.
Tutto ciò avviene con il consenso espresso del paziente, che pur essendo un soggetto passivo mantiene l’autodeterminazione sulla sua scelta di morire. L’eutanasia attiva è spesso oggetto di controversie etiche e legali, poiché prevede un atto diretto, da parte di un soggetto terzo, per porre fine alla vita di qualcuno. Ciò può integrare, a seconda delle varie legislazioni, il reato di omicidio. Per non parlare delle implicazioni etiche.
Belgio, i Paesi Bassi e il Lussemburgo hanno legalizzato l’eutanasia attiva sotto rigorose condizioni, includendo il consenso informato del paziente e la conferma di uno stato di sofferenza insopportabile. L’autodeterminazione del soggetto è quindi primaria e tutelata. In altri paesi, come l’Italia, l’eutanasia attiva rimane illegale in quanto considerata omicidio.
Cos’è l’eutanasia passiva
L’eutanasia passiva, consiste nella cessazione dei trattamenti medici che mantengono in vita un paziente. In questo modo si permette alla malattia, o alla condizione naturale, di seguire il proprio corso verso la morte.
Questa modalità include la sospensione della ventilazione artificiale, l’interruzione della nutrizione, dell’idratazione forzata e il ritiro di altri trattamenti farmacologici vitali. Si sospende ogni cura fatta eccezione, generalmente, delle cure antidolorifiche. Ecco in breve cos’è l’eutanasia passiva.
Il soggetto a cui viene praticata l’eutanasia passiva manifesta la propria volontà alla sospensione delle cure. Ciò avviene in modi diversi stabiliti dalle legislazioni dei vari Stati. In Italia si tratta di lasciare scritto e depositato il proprio testamento biologico. In questo modo l’autodeterminazione del paziente nello stabilire la propria sorte è rispettata.
Differenza tra eutanasia attiva e eutanasia passiva
L’eutanasia passiva è spesso considerata meno controversa rispetto a quella attiva, poiché implica un’omissione piuttosto che un’azione diretta. Questa è la differenza più evidente tra l’eutanasia attiva e quella passiva. Nel primo caso – eutanasia attiva – c’è un intervento diretto nel determinare la morte di un soggetto. Nel secondo caso – eutanasia passiva – si tratta di un omissione delle cure che prolungano la vita. fino ad arrivare al decesso.
Molti paesi, inclusa l’Italia, riconoscono il diritto del paziente a rifiutare i trattamenti medici, rendendo l’eutanasia passiva legale in determinate circostanze. In ogni caso viene sempre rispettata l’autodeterminazione del paziente a cui viene praticata l’eutanasia.
Entrambe le forme di eutanasia sollevano questioni etiche profonde che richiedono una considerazione attenta e rispettosa dei desideri e della sofferenza dei pazienti.