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Michele Sindona e la mafia statunitense

La biografia di Michele Sindona e i suoi rapporti con la mafia americana, tratta dalle conclusioni della commissione P2

Michele Sindona e i rapporti con la mafia USA
Michele Sindona

A seguito della scoperta dell’elenco degli affiliati alla P2 fu istituita una commissione parlamentare d’inchiesta, presieduta da Tina Anselmi, con funzione conoscitiva e  di indagine sulla loggia di Licio Gelli. I lavori di tale organo iniziarono il 9 dicembre 1981 per concludersi il 10 luglio 1984.

Vari documenti vennero redatti dalla commissione P2, tra i quali la relazione di minoranza dell’Onorevole Giorgio Pisanò. In essa viene riportata la biografia di Michele Sindona con riferimento ai suoi rapporti con la mafia. Si tratta di una testimonianza interessante dell’attività di Sindona, dalle prime fasi della sua carriera fino alla sua ascesa nelle grazie della mafia statunitense.

Di seguito viene riportata la sintesi delle conclusioni tratte nel documento della commissione P2, con riferimento alla biografia di Michele Sindona e dei suoi rapporti con la mafia statunitense.

Michele Sindona e i rapporti con la mafia statunitense

Michele Sindona, nato a Patti, in provincia di Messina, nel 1920 e laureato in giurisprudenza, si trasferì a Milano subito dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Qui, aprì uno studio di consulenza tributaria, prima in via San Barnaba e poi in via Turati, vicino alla sede provinciale dell’Intendenza di Finanza. Intelligente, ambizioso e instancabile lavoratore, Sindona attirò rapidamente l’attenzione dei circoli influenti milanesi. Massimo Spada, uno dei principali esperti finanziari del Vaticano, racconta di aver conosciuto Sindona a Milano nel 1958, grazie a un prelato che lo presentò. Spada si informò su di lui attraverso personalità come Franco Marinotti di “Snia Viscosa”, Carlo Faina di “Montecatini” e Giorgio Valerio di “Edison”, ricevendo solo commenti positivi e apprendendo che avevano usufruito dei suoi servizi.

Fu proprio nel 1958 che Sindona iniziò a collaborare con gli ambienti della finanza vaticana e, nello stesso periodo, avvenne un incontro che segnò un’altra svolta cruciale nella sua vita: l’incontro con la mafia italo-americana, attraverso i suoi rapporti professionali con Joseph Doto, meglio noto negli Stati Uniti come Joe Adonis, uno dei più potenti boss mafiosi dell’epoca. Già dal 1950, la commissione del Congresso americano presieduta dal senatore Kefauver aveva identificato Adonis come uno dei principali capi del crimine organizzato negli Stati Uniti, e lo descriveva come il braccio destro di Meyer Lansky, oltre che come il direttore delle pubbliche relazioni del “sindacato mafioso”.

Nel febbraio 1956, Adonis si trasferì in Italia, soggiornando per un periodo a Frascati e in Valle d’Aosta, prima di stabilirsi a Milano in un lussuoso appartamento in via Albricci. Da lì, Adonis, in qualità di rappresentante del “sindacato” mafioso in Europa, coordinava le attività criminali in tutto il continente, con particolare attenzione alla Germania e all’Olanda, dove il traffico di stupefacenti era in forte crescita. Fu durante questo periodo che Joe Adonis conobbe Michele Sindona, inizialmente come suo consulente fiscale. Col tempo, riconoscendo le sue abilità e la predisposizione per operazioni rischiose ma redditizie, Adonis affidò a Sindona incarichi di fiducia negli Stati Uniti.

Nel 1959, Sindona si recò in America e, grazie a Joe Adonis, entrò in contatto con la famiglia mafiosa più influente della costa atlantica, guidata da Vito Genovese, un personaggio che l’FBI definiva il capo riconosciuto della mafia nell’area di New York City. Sebbene Genovese e molti dei suoi collaboratori fossero sotto processo e in procinto di essere condannati, il boss continuava a dirigere la famiglia mafiosa dal carcere attraverso i suoi luogotenenti. Le relazioni tra Sindona e la mafia italo-americana si consolidarono ulteriormente, tanto che Sindona fu incaricato da Don Vitone di gestire la contabilità e le questioni fiscali delle società “legali” della famiglia mafiosa.

Questa attività permise a Sindona di stringere nuove e importanti alleanze, come quella con Daniel Porco, un mafioso di Pittsburgh legato alla famiglia Casella-Santoro-Potnick di Filadelfia. Insieme a Porco, Sindona acquisì il controllo della Pier Busseti, un’agenzia di viaggi specializzata nei tour Italia-Stati Uniti, anche se le finalità di questa operazione non sono mai state del tutto chiarite. Le autorità italiane, infatti, non hanno mai svolto indagini approfondite sulle attività di Sindona e dei suoi soci negli anni ’60, come dimostra un episodio del 1967, quando un’informativa dell’FBI su un traffico illecito di sostanze tra Italia e Stati Uniti venne praticamente ignorata dalla polizia italiana.

Nel 1962, dopo un lungo soggiorno negli Stati Uniti, Sindona fece un altro passo decisivo nella sua carriera, associandosi con l’avvocato Ernesto Moizzi per acquisire il controllo della Banca Privata Finanziaria, una piccola banca milanese. Con l’ingresso di Sindona, le sorti della banca migliorarono rapidamente e, nel 1964, la Continental International Finance Co., una sussidiaria della potente Continental Illinois National Bank di Chicago, assunse una partecipazione significativa nella banca milanese. Questo evento, apparentemente inspiegabile, trovava invece una logica nel fatto che Sindona era ormai strettamente collegato a figure di primo piano della finanza e della mafia americana, come David Kennedy e Charles Bludhorn.

Con il passare degli anni, Sindona rafforzò ulteriormente le sue alleanze e, alla fine degli anni ’60, riuscì a creare un vero e proprio impero finanziario, con legami che spaziavano dalla mafia italo-americana al Vaticano, passando per l’alta finanza statunitense. Tra i suoi nuovi alleati c’era anche Paul Marcinkus, un prelato americano che sarebbe poi diventato una figura chiave nella gestione delle finanze vaticane.

Nel 1969, con la nomina di Richard Nixon alla presidenza degli Stati Uniti e l’ascesa di David Kennedy al ruolo di ministro del Tesoro, il vento della fortuna soffiò ancora più forte nelle vele di Sindona, che si trovò sempre più vicino ai vertici del potere, sia religioso che finanziario. Tuttavia, la sua rete di influenze e amicizie lo avrebbe presto portato a intrecciare i suoi destini con personaggi come Licio Gelli, segnando l’inizio di una delle pagine più oscure della storia italiana, quella della loggia massonica P2.

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